Terramò Vol. III: la memoria del Rione Terra che danza sul filo del movimento

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Terramò Vol. III: la memoria del Rione Terra che danza sul filo del movimento

Un viaggio nel cuore dei Campi Flegrei, dove la storia si fonde con l’attualità e la memoria si fa danza: dal 4 al 7 settembre alle ore 18.45 torna in scena Terramò Vol. III nel suggestivo Rione Terra di Pozzuoli. Lo spettacolo, ideato e interpretato da Pako Ioffredo, vede sul palco anche Demi Licata, Giorgio Pinto e Ingrid Sansone, con le musiche e la voce di Pino Ruffo, i costumi di Antonietta Rendina, la cura tecnica di Paolo Visone e l’assistenza alla regia di Francesco Piciocchi. La produzione è firmata Cantiere Teatrale Flegreo/Enart – Compagniemia.

Il racconto si immerge nelle storie e nei ricordi del Rione Terra, luogo che ha segnato profondamente l’identità puteolana fino alla crisi bradisismica degli anni Settanta, quando un forte senso di appartenenza venne improvvisamente spezzato. Attraverso l’uso del dialetto puteolano, lingua materna che custodisce un legame intimo con il passato, lo spettacolo diventa portavoce di una memoria collettiva che resiste all’oblio e allo spopolamento.

«Essere Flegrei significa incarnare due sentimenti contrastanti ma indispensabili: l’esplosività creativa e la forza distruttiva – racconta Pako Ioffredo. Come la natura vulcanica condiziona la nostra vita, così la memoria diventa un esilio tenace. Un microcosmo di significati che possiamo estendere alla nostra Europa, oggi smarrita. Perché, come scriveva Pavese, “un paese ci vuole, non fosse altro che per il gusto di andar via”».

Il progetto si muove tra Italia e Francia, in un dialogo artistico che non è fuga ma arricchimento, rispecchiando la natura dinamica e vulcanica dei Campi Flegrei. Un’espressione di esilio che si trasforma in rigenerazione e creazione, in sintonia con la visione di Ioffredo e con le collaborazioni internazionali che da anni porta avanti, tra cui quelle con Daniel Pennac e Clara Bauer.

Terramò Vol. III è dunque più di uno spettacolo teatrale: è un rito collettivo, un invito a riscoprire le proprie radici attraverso il linguaggio universale della danza e della memoria, laddove la terra brucia ancora sotto i passi di chi sceglie di raccontarla.

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(ph. Paolo Visone fornite da Ufficio stampa)

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