Cesare Accetta trionfa agli UBU con il disegno luce della CUPA di Mimmo Borrelli
di Luca Sorbo
NAPOLI – La luce non è solo ciò che rende possibile la visione, oltre una sua dimensione percettiva ha una profonda potenzialità emotiva. La costruzione delle luci è, quindi, un elemento di straordinaria importanza in uno spettacolo. La CUPA di Mimmo
Borrelli è stata salutata da tutti i critici come un capolavoro del teatro contemporaneo e Cesare Accetta ha trovato le soluzioni luministiche più efficaci per sottolineare la forza visionaria del drammaturgo flegreo. Uno spettacolo è il risultato del lavoro di molti artisti che però deve trovare una sua unità e necessità e Cesare, che vive nel teatro da giovanissimo, sa comprendere sempre molto bene le esigenze del regista.
Le foto pubblicate nell’articolo sono di Renato Esposito che sta realizzando una sua originale ricerca fotografica sulla drammaturgia di Mimmo Borrelli.
La ricerca teatrale è sempre stato fonte di ispirazione per molti artisti, un mondo underground indipendente in cui poter coltivare passioni e sperimentazioni.
Ecco come il Piccolo Teatro di Milano sul proprio sito presenta lo spettacolo:
“Secondo un’antica leggenda, durante la notte di Sant’Antonio, agli animali è concesso di poter parlare agli uomini. Ma con un prezzo da pagare: chi li ascolta, sarà maledetto da sventura e dannazione. È così che Innocente
Crescento è costretto a rievocare la terribile storia della sua famiglia, dando inizio a La cupa, lo spettacolo salutato da la Repubblica come «capolavoro assoluto, che cambia le sorti della scena». Una scrittura visionaria, declinata in quindicimila versi di una lingua napoletana potente e incantatrice; un poema allegorico in cui risuonano echi di Basile e Shakespeare, baluginano riferimenti al Teatro Nō e alla tragedia greca; una storia antica, ma in realtà attualissima, di faide, tradimenti, amputazioni, soprusi, violenze.
«La trama – spiega Mimmo Borrelli, qui nella triplice veste di autore, regista e interprete – è un fittizio e afflitto mondo altrove, in cui si scontrano i pianeti porosi di una saga dalle colpe sepolte tra anfratti, strati geologici, fatti aneddoti e incavi, il cui confine della memoria è smunto e levigato da anni, venti malsani ed epoche di misfatti e di peccati originali. Una vera e propria saga, incastonata preta pe’ preta nel cuore, un tempo buono e generoso, del suo protagonista in negativo Giosafatte ’Nzamamorte: un uomo buono, retto, sorretto dalla coscienza di un passato inquieto, indecifrato, burrascoso, folle».”
La sperimentazione continua caratterizza la ricerca visiva di Cesare Accetta, un confrontarsi sempre con le possibilità della luce e con la forza gravitazionale del nero che tutto tende ad assorbire ed annullare.
“Nella scatola nera come per la camera oscura, tutto deve ancora accadere; la luce svela l’evento mentre il nero diventa sensibile. È il momento in cui il fotografo decide cosa registrare, ma soprattutto se registrare”.
Il suo campo di indagine è da sempre il teatro di ricerca dove ha le prime esperienze giovanissimo. Comincia a collaborare con il Teatro Instabile di Michele Del Grosso e con quasi tutte le compagnie più dinamiche del periodo. Scopre che la finzione può far emergere un reale più vero di quello della realtà.
Lavora professionalmente in fotografia fino al 1992 per poi dedicarsi alla direzione della luce nel cinema e nel teatro, ottenendo prestigiosi riconoscimenti, anche se la ricerca sulle possibilità del fotografico è ancora oggi uno dei suoi principali interessi.
Dietro gli occhi è stata la mostra al PAN a cura di Maria Savarese nel 2012 dove vengono mostrate alcune immagini del suo prezioso archivio che testimonia una delle stagioni più interessanti della cultura italiana con le sperimentazioni di Enzo Moscato, Laura Angiulli, Mario Martone, Toni Servillo e tanti altri.
La sua è un’esperienza di vita straordinaria che incrocia molti talenti. Condivide lo studio con Antonio Neiwiller e partecipa attivamente alle ricerche sulle possibilità dello spazio scenico. Il suo fotografare si caratterizza
sempre per essere più che una foto di scena, una vera e propria recitazione fotografica, un partecipare all’evento teatrale con la sua fotocamera. In questo la sua fotografia è di grande pregio ed originalità, in questo si rivela come uno dei maggiori autori nel panorama italiano e sicuramente le sue immagini dovrebbero essere presentate almeno nelle principali capitali europee.
Tutte le sua esperienze convergono in modo geniale nel lavoro In Luce, dedicato ad Oreste Zevola, a cura di Maria Savarese e presentato al Museo Madre nel 2016, che lo ha acquisito nella sua collezione permanente. Consiste in tre proiezioni video su cui scorrono più di cinquanta volti. Indaga la relazione della vita con il tempo dove le immagini si formano e si perdono attraverso l’azione della luce.
Il suo percorso conta oltre 180 disegni luce per molti degli eventi teatrali più importanti degli ultimi decenni.
Il disegno luce per la CUPA si inserisce, quindi, in una lunga ricerca artistica che ha trovato con Mimmo Borrelli una sua straordinaria dimensione creativa.
Queste collaborazioni sono possibili solo a Napoli, perché solo nella città partenopea vi è una sperimentazione continua ed un pubblico attento che consente ad artisti indipendenti ed originali di poter lavorare.
Cesare è persona sobria e riservata, non mostra le sue emozioni, vive ogni cosa nel profondo e le trasforma in preghiere di luce. L’artista diventa tutt’uno con l’opera e si dona al pubblico.
(foto di Renato Esposito fornite dall’autore dell’articolo)
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