Sportwashing globale: nazioni in cerca di immagine tra Mondiali e diplomatiche sportive
Paesi “sorvegliati” per violazioni dei diritti umani o tensioni politiche utilizzano sport e mega-eventi, come la Coppa del Mondo, per rigenerare la propria reputazione internazionale. Sportwashing come strategia di soft power.
Immagine pubblica versus costi reali
Paesi sotto pressione globale — per diritti umani, conflitti o controversie — usano eventi sportivi per costruire un’immagine positiva. Tuttavia, quando il conto finale supera le promesse fatte, l’effetto desiderato può capovolgersi. Infrastrutture abbandonate, debito e aspettative disattese sono all’origine di aspre critiche.
Quanto costa davvero apparire bene
Il Qatar 2022 è l’esempio più recente: i costi totali del torneo, che comprendono infrastrutture, alloggi e trasporti, superano i 200-220 miliardi di dollari, più della somma di tutti gli altri Mondiali precedenti. Diverso è il caso del Brasile 2014, con circa 15 miliardi di dollari complessivi, di cui 8,6 miliardi destinati a infrastrutture e stadi. Questi costi comprendono anche investimenti in metropolitane, aeroporti, alberghi e strade.
Mondiali ed esclusioni
Nel 2022, dopo l’invasione dell’Ucraina, la Russia è stata esclusa da FIFA e UEFA, perdendo la rappresentanza ufficiale nonostante fosse stata la nazione ospitante dei Mondiali 2018. Israele, invece, pur essendo al centro di controversie umanitarie, non ha subito un’esclusione paragonabile. Paesi come il Qatar (Mondiale 2022) e l’Arabia Saudita investono miliardi nello sport — includendo campionati, stadi e sponsorizzazioni — per promuovere un’immagine “riformata” di sé stessi.
Intrattenimento, potere e credibilità in bilico
Organizzare un Mondiale o vincere medaglie può cambiare drasticamente l’immagine di un paese, ma se restano irrisolti problemi sottostanti (diritti umani, repressione, conflitti), lo sport rischia di diventare solo un velo superficiale. L’immagine pubblica può cambiare rapidamente; la credibilità, invece, quasi mai. Resta da chiedersi: quanto conta davvero ciò che rimane dietro le quinte?
Gianluca Auriemma
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