Da “Gaber a Faber”, Neri Marcorè compone un omaggio alla musica d’autore e alla libertà
di Roberta Guida
Neri Marcorè in scena al Mercadante con “da Gaber a Faber” incanta la platea di Napoli con un omaggio a due dei più irriverenti personaggi della storia della musica italiana.
Lo spettacolo si muove attraverso le canzoni d’autore nostrane, con tutta la carica nostalgica ed emozionale che smuovono le note e i testi degli autori, protagonisti della performance
Neri Marcorè, accompagnato da un sestetto di musicisti di eccezione conduce il pubblico partenopeo in un viaggio nell’italianità più profonda, nel sentimento di appartenenza ai valori che hanno contraddistinto un’epoca, quelli degli anni ’60 e ’70, della critica originale e dell’anticonvenzionalismo genuino. È un dialogo sincero quello instaurato tra l’artista marchigiano e il pubblico, che attraverso brani del repertorio di Gaber prima e De André poi, colpisce alla pancia degli spettatori, ingaggiati in riflessioni di estrema attualità.
Il viaggio inizia dal repertorio del Signor G., mattatore del varietà e ideatore del teatro canzone, formula che soggiace alla struttura dello spettacolo di Marcorè, che però in questa versione non indugia in esposizioni teatrali, diversamente che in altre produzioni dedicate sempre all’approfondimento di Gaber.
E’ quasi un’attività divulgativa quella a cui si è assistita in questi anni nelle opere di Marcorè, che ha ricondotto nelle sale d’Italia la musica e l’estro di un artista ancora palpabile nella memoria e nei sensi del pubblico, un incontro con il teatro canzone che lo stesso ha raccontato, in più di un’occasione, è avvenuto in età adulta e consapevole.
L’impegno e la coscienza dell’artista, ma soprattutto dell’uomo Gaber, emergono vividamente attraverso il repertorio di parole e musiche che furono sue e del paroliere Luporini, e riecheggiano oggi straordinariamente attuali e spaventosamente coraggiose. Il viaggio di Marcorè approda nello sfrontato e dissacrante universo musicale di De Andrè, il poeta degli sconfitti, degli ultimi. Il pescatore, La canzone di Piero, Quello che non ho, Fiume Sand Creek, sono solo alcuni passaggi della corposa narrazione interpretata da Marcorè che rievoca le spinte pulsanti anticonformiste ed antiestetiche degli anni delle contestazioni giovanili, delle note agrodolci delle ballate e delle poesie in canzone dell’immenso Faber.
Uno spettacolo che è un manifesto della libertà, un inno alla pace e ai valori di democrazia, che demonizza le ipocrisie e le scelleratezze degli uomini a discapito di altri uomini. Il sestetto che accompagna l’attore è a dir poco superlativo, Anais Drago (Violino), Fabrizio Guarino (Chitarra Elettrica), Domenico Mariorenzi (Chitarre, Pianoforte, Bouzouki, Armonica), Alessandro Patti (Basso E Contrabbasso), Simone Talone (Percussioni), Alessandro Tomei (Sax E Flauto), e al pubblico servono intensi momenti di assolo e virtuosi arrangiamenti.
L’occasione di ripercorrere Faber, consente a Neri Marcorè di omaggiare Napoli con la celebre Don Raffaè, scritta dall’autore genovese, alludendo alla storia di Raffaele Cutolo. Ma non basta. Forte del talento attoriale e degli anni di lavoro spesi tra Via Foria e gli studi Rai di Napoli, Marcorè si esibisce in un pezzo in vernacolo “Presentimento”, di E.A. Mario ed è salutato da un compiaciuto lungo applauso del pubblico del Mercadante.
Concludendo, da “Gaber a Faber” si struttura come un concentrato di italianeità, di quel sentimento autentico di appartenenza troppe volte soffocato dalle ipocrisie politiche e dalle ingiustizie sociali, al quale ci si aggrappa in sempre più rade occasioni. Neri Marcorè, come un raffinato cantastorie, è il giusto trait d’union per mettere insieme la spregiudicatezza frizzante di chi non si sentiva italiano “ma fortunatamente lo era” e il poetico controcorrentismo di chi “viaggiava in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione”.
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