Magh Mela di Francesca Chiacchio
di Luca Sorbo
La fotografia può indagare il sacro? Può confrontarsi con uno degli eventi più importanti per gli Hindu ?
Francesca Chiacchio con un piccolo volume prova a raccontarci cosa è il Magh Mela e come gli Hindu lo vivono.
La manifestazione si tiene ogni anno nel mese di gennaio e di febbraio nel punto di confluenza di tre fiumi sacri come il Gange, lo Yamuna e il Saraswati. Accorrono milioni di fedeli che si immergono nelle acque considerate sacre. Vengono allestite delle tendopoli dove le persone possono dormire.

Francesca ci racconta che il reportage è durato quattro giorni, cominciando la mattina presto fino a sera tardi. Per raggiungere il punto dove i fedeli si immergevano era necessario attraversare un ponte, controllato dalle forze dell‘ordine, e poi prendere una barca.
Un evento, come si comprende facilmente, dove si succedono molte situazioni diverse. Il fotografo deve riuscire a comprendere cosa può essere interessante e cosa no. La fotografia non racconta mai il totale, ma deve individuare quella parte che sintetizzi il tutto.
Dalle immagini che vedo sul libro emerge un’attenzione all’aspetto umano, più che all’evento sacro. Viene mostrata la quotidianità, vengono evidenziati i sacrifici che i fedeli affrontano per vivere queste giornate. Non sono immagini epiche o spettacolari, sono la traccia viva e dolorosa di come gli Hindu affrontano queste giornate.

Francesca è nata a Napoli e dopo essersi laureata in architettura si è trasferita a New York dove ha vissuto per dieci anni. Dopo essere diventata cittadina americana è ritornata a Napoli. Ora insegna arte e lavora come fotografa.
È una street photographer nota a livello nazionale e solitamente per la sua ricerca utilizza il flash, ottenendo immagini di forte impatto visivo.
La ricerca visiva sul Magh Mela evidenzia un aspetto diverso del suo guardare, più riflessivo e coinvolto. La retina è stata sovrastata dall’umanità dei fedeli ed il bisogno di verità ha guidato il suo sguardo verso un fotografare più tradizionale, più simile al reportage tradizionale.

Questa esperienza, credo, sia per Francesca una tappa importante, perché può essere l’occasione per evolvere sia nello stile che nei contenuti. Potrebbe essere il momento di unire la retina con il cuore e la mente e trovare una propria identità visiva necessaria.
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